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Roberto Frazzetta scrittore

 
  • Immagine del redattoreRoberto Frazzetta

"La particella della paura" 7/7



“Dovete fare presto.”

Disse il Sadhu. Le punte della sua maschera metallica iniziavano a convogliare energia elettrostatica.

“Che cosa sono quelle scariche sulla tua testa?” chiese Yuki.

“Sono i sistemi di difesa che stanno eludendo. Il tempio sta subendo un attacco anche nel cyberspazio. Non preoccupatevi ora di questo.” Fu interrotto dalla detonazione sopra le loro teste. “Abbiamo problemi più prossimi.”


I grandi archi nel ventre del suolo vibrarono rilasciando terreno sopra le loro teste.

“Sono qui.” Disse il Samurai. “Sbrighiamoci.”


La scala a chiocciola era stata scavata nella roccia e non si poteva dichiarare a vista la sua fine. Mentre scendevano più velocemente che poterono, Anayama studiò la struttura che stava attraversando. La sua geometria era di una precisione millimetrica e dedusse che doveva per forza essere stata intagliata con tecnologia laser. Ma chissà in quale epoca? Il suo database non riusciva a stabilirne una.


Dopo interminabili minuti di quella continua rotazione in discesa, le scale a chiocciola terminarono.


Una grotta con un foro nel centro. Nonostante la nebbia creatasi per la differenza di temperatura si distinguevano nel perimetro statue di esseri piumati, giganti alati che imponenti raccontavano la storia dell’essere umano.

“Sono anni che nessuno scende qui sotto.” Disse il Sadhu rapito da quello che si presentò loro davanti.

“Quello è il pozzo riportato dalle scritture degli antichi di Shambala.” Disse Quell.

“Sì. Quello è il varco quantico che vi condurrà al ponte.”

“Ma se quello è il pozzo, dove è finita la città antica? Cosa ne è stato?”

“L’innalzamento delle acque dopo il cataclisma e la scelleratezza dell’essere umano ha fatto il resto. Shambala è sprofondata, questo è quello che ne rimane. Noi custodi continuiamo a ricevere messaggi dalla dimensione in cui si trova ma crediamo siano ridondanze emanate dal ponte.”

“Quale ponte?”

“Quello che sarete costretti ad attraversare se vorrete portare a compimento la vostra missione. Il ponte di Astra Hasis.La spina dorsale del collegamento che i primi Antichi lasciarono con la loro progenie: i sapiens.”

“Quell. Stanno arrivando, miei sensori rilevano i loro passi. Sono in molti.”

“Quantifica.” Disse imbracciando il lancia particelle.

“Dodici.”

“Entreranno servendosi delle granate allucinogene.”

“Sì è l’unico modo da un pertugio così stretto.”

“Dovete saltare nel pozzo quantico. Solo battendoli sul tempo avrete una chance.” Disse il Sadhu.

“Dove conduce il pozzo.”

“Beh al centro della terra, o forse nella terra degli inferi o in un’altra dimensione. Chi lo sa? Nessuno è mai sceso e nessuno può farvi ritorno.”

“Andiamo.” Disse Yuki al Samurai. “Perché tu verrai con me.”

“Lei è più importante.” Confermò Quell.

Il suo nome echeggiò nell’antro fino a giungere alle sue orecchie.

“Yuki!”


La voce di suo padre la congelò.

Il samurai estrasse le spade e portò la ragazzina dietro di sé.

“Guarda cosa mi hai fatto scoprire? Birbantella… ti devo delle scuse, le tue non erano allucinazioni dunque.”


Un ologramma del Mat materializzò davanti a loro la sua figura allungata. Si guardò intorno incurante.

“Sembrerebbe che siete in trappola in questa caverna. E i miei tecno ninja sono proprio sopra di voi.”

“Sarà una bella festa di morte.”

“Finalmente faccio conoscenza della più grande terrorista di tutti i tempi. La Suprema Quell Christ Falconer. Un po’ mi delude la tua intraprendenza così disorganizzata.”

“Il pensiero dei semplici.”

“Uh certo che si addica a questi tempi. Tuttavia è stato proprio il tempo ha insegnarmi che gli spargimenti di sangue non sono così interessanti quanto i compromessi delle logiche. Possiamo scendere a patti.”

“Forse ti sfugge il senso della parola rivoluzione. Non scenderò mai a patti con un Mat. Sai qual’ è il mio altro nome?”

“Ovvio, l’ammazza immortali. Vedi io conosco il tuo altro nome ma potrò dire la stessa cosa di te?”

“Akuma.” Proferì il Samurai con la sua voce tagliente.

“Chi sei tu? Chi conosce Anayama Mizobuti? Cosa cerchi da me?”

“Ho passato ere a inseguirti in giro per l’universo conosciuto. Sono stato il fantasma in ogni tuo spostamento e ho atteso molto per riprendermi quello che tu mi hai sottratto.”

“Non mi ricordo né di te né dell’onore della tua cenciosa casata. I vostri clan… una storia così vecchia e noiosa che ora è cancellata. Io vi ho cancellato.”

“Io sono ancora qui e non è l’onore che si può riprendere da un Akuma!Nakatomi Fujiwara

oggi mi riprendo quell’unico dono che la vita mia aveva concesso… mia figlia! Yuki.”

Il respiro della ragazzina si fermò.


L’ologramma del Mat esitò scrutando la situazione. Si sentiva tutelato nel suo potere e quel congegno olografico fungeva da ripetitore della sua figura protetta al sicuro altrove.

“Dunque tu saresti il suo padre biologico? Io le ho donato una vita agiata e al sicuro. Tu avresti fatto di meglio?”

“Non saranno le parole a sciogliere le colpe. L’hai costretta in un corpo che la mantiene eternamente ragazzina per il tuo diletto e i tuoi sporchi affari. Sei degno del nome che ti hanno affibbiato. Demone.”

“Mi avete stancato. Lasciate mia figlia e…”

“E cosa? Stavi per dire avrete salva la vita? Tanta esperienza per una banalità del genere?” sentenziò Quell.

“No. Voi morirete, morirete tutti di morte vera. Ma la Resistenza che i Sitak del Protettorato hanno smantellato nell’aristocrazia di Nova Edo, quella sarà risparmiata dal supplizio della tortura virtuale magari. A voi la scelta.”


Per qualche secondo la mente di Quell vagò alla ricerca di possibili conferme. Il tessuto interinale della sua azione di sommossa era tutto incentrato a Nova Edo e le singole cellule rischiavano ogni giorno per la libertà dalla gabbia tecnologica e virtuale del Protettorato, dove l’essere umano era stato recluso. Anche la loro sofferenza aveva un valore etico quantificabile.

A spezzare questo intrico di pensieri fu il Sadhu.

“Sbrigatevi. Non li terrò buoni per molto.” Disse loro prima di trapassare la figura olografica e inoltrarsi verso la scala.

“Cosa pensi di fare?” intimò il Mat.

“Shiva è grande distruttore.” Il bagliore che annunciò la detonazione fu accecante. Il corpo del Sadhu si illuminò totalmente.

“Andate!” gridò Quell “…è un ordine.”

Il Samurai rinfoderò le spalle e prese Yuki sotto braccio. Per brevi istanti le coscienze si riconobbero nello sguardo, oltrepassando le condizioni.



Anayama le sorrise gettandosi nel pozzo con lei.

Il risucchio della gravità li trascinò in un profondo vuoto senza luce. Il respiro moriva nelle loro bocche. L’armatura cremisi si accese ma i riflessi faticavano nell’impari lotta con l’oscurità. Solo il contatto era il conforto di Yuki.

Quell vide grandi crostoni staccarsi a seguito dell’esplosione del Sadhu. L’ologramma era sparito e molti dei loro inseguitori avevano conosciuto la distruzione di Shiva.



Appena le polveri si depositarono alcune ombre saettando uscirono da sopra la sua testa. Era rimasta per coprire la loro discesa. Non poteva ripararsi da nessuna parte, le restava quindi lo scontro diretto. Non sarebbero stati dei tecno ninja mercenari a fermarla. Lei era il germe della rivoluzione. Si calò la lente olografica di mira e la diramazione dello strumento entrò in contatto con l’epidermide e in profondità con il sistema neurochim potenziato. Il lancia particelle ne sgretolò subito uno al primo colpo. Ne scesero altri cinque. Era il momento di dimostrare l’inappuntabilità delle proprie idee. La ragazzina avrebbe fatto del suo meglio e le onde emesse da quel determinato punto scelto dagli antichi avrebbero risuonato in ogni coscienza umana il messaggio Akashiko degli Antichi rimbalzando in tutto il sistema satellitare del pianeta.


Si sarebbero svegliate da quell ’intorpidimento moltissime anime. Tuttavia nessuno poteva prevedere lo slittamento temporale e sapere con precisione quando il fenomeno sarebbe avvenuto. La missione era creare l’innesco.

Ora ne aveva un’altra. Salvare la Resistenza.

La tempesta delle raffiche mescolata al furore della lotta le fece vedere con la vista periferica uno dei suoi avversari riuscire a tuffarsi nel pozzo.

“Merda.” Pensò. “Il samurai avrà da divertirsi.”

Mentre cadevano, l’attrazione variò diverse volte e la direzione magnetica cambiava continuamente. Si sentirono spingere in basso poi lateralmente e infine in alto in un processo di scivolamento indefinito. Persero il senso dell’orientamento fino a scivolare su un letto di energia che li depositò delicatamente sotto la base di un immenso albero.

Passò del tempo e si rimisero in piedi cercando di capire.

“Dove siamo?” Chiese Yuki.

“Non lo so. Forse abbiamo attraversato un wormhole. Credo che quella sia la città sprofondata. Shambala.”

Yuki si voltò e vide che dal lato opposto della vallata c’era la vita, movimento, luce e colori.

“Dovremmo attraversare il ponte per andarci.”


Il Samurai si avviò e a metà strada sentì di non riuscire ad attraversarlo. Una misteriosa forza gravitazionale impediva il transito dall’altro lato.

“L’albero. Non ne ho visto nessuno che somiglia a questo.”

“Lo credo bene.” disse Yuki “Questo è uno Stelicanto. È qui che termina il nostro viaggio. Io posso connettermi con lui. Sento la sua melodia.”

“Non ti permetterò di farlo.” Tuonò una voce alle loro spalle. La custodia del tecno ninja svelò il volto aprendosi.


Nakatomi Fujiwara li aveva seguiti. Il finale si sarebbe svolto in questa dimensione.

“Preparati alla morte, Anayama.”

“La Via del Samurai si compie nella morte. Tu sei quello che voglio lasciarmi indietro per continuare libero.”

“Parole senza senso.”

Il Samurai estrasse le spade.

Quello era il senso che più lo rispecchiava.

“Collegati Yuki e fai la musica per cui sei stata creata.”

“Dimmi che sarai qui con me, dimmi che insieme attraverseremo quel ponte come un padre e una figlia.”

“Non esiste il dubbio nella mia coscienza, né ora né mai, figlia mia.”

Ancora una volta furono i loro sguardi a parlare la melodia delle coscienze.

Appena Yuki si avvicinò alla corteccia l’albero si aprì in un abbraccio e la inviluppò a sé.


Si concesse uno sguardo alla vallata oltre il ponte. Era un posto incantato in un tempo nuovo.


Proprio quello di cui aveva bisogno.


Il suo nemico si stava avvicinando.


Nella sua coscienza non c’era nemmeno una particella di paura.


Attaccò.

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