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Roberto Frazzetta scrittore

 
  • Immagine del redattoreRoberto Frazzetta

"Requiem x un sogno"



(Su richiesta un compost un po’ datato...)


Dunque sono un agente in missione segreta. Roma è popolata all’inverosimile il lunedì mattina. Posteggio distante la mia auto nera. Io sono nero. Occhiali cappello a sacco nasconde la chioma. Jeans scuri felpa con cappuccio e giacca di pelle. Nascondo malamente il mio pacco bomba e prendo l’occorrente. Scendo. La strada è il miglior posto per mescolarsi come petrolio nel mare.

Il portone è ben nascosto, una cinquantina di passi. Non ho la chiave. Mai stato un problema mio.


Attraverso la strada e schivo macchine motorini e gas di scarico. Cammino rapido, copro ogni centimetro di aspettativa. Il cuore mi batte regolare.

Primo intoppo. Portone chiuso. Uscirà mai qualcuno? Mi allontano per non dare nell’occhio… esce una signora. Non posso correre e scattare, il mio pacco è cosa delicata.

Mi viene un idea. Potrei fingermi uno di Parla con me della domenica sera, chissà magari mi aprono, intento a questi pensieri, spero di non essere scoperto, colto in flagrante, vedi pure figura di merda, vedi pure guai.

Ingo, il portiere!


Mi scruta da dentro e sta’andando verso la porta… via con la fiction. Ciak!

Deciso e risoluto, nascondo il pacchetto e mi frugo in tasca. Ovvio che non ho le chiavi.

Mai stato un problema mio.

Rallento impercettibile, lui costretto ad aprire, io guarda caso ho un mazzo in mano.

“Buon giorno!”

“Giorno… vado su al quinto.”

“mmm..”

“Da Paola..”

“si si.”


L’ha bevuta, ma in fondo cosa cazzo gliene frega da chi vado e che cosa a fare con chi…

Ascensore, scopro l’ordigno e preparo.. pigio il quattro, non il cinque. Meglio essere previdenti.

Il cuore inizia a pompare le note di blue sky and pain..

I wish you were here…. Arrivo al piano, esco e lascio la porta aperta, adesso serve a me l’ascensore… silenzio. Tutto tace nell’impervio… faccio la rampa di scale e sono davanti alla sua porta.


La prima volta mi è balzato alla mente il fatto di ogni casa è il suo padrone. La casa è carina, abbandonata, senza traccia di logica maschile, sporca in qualche punto, ma di quel lurido che da personalità.

La prima volta che ho visto la porta ho creduto davvero che sarei stato felice… tanto ci ho creduto. Ma io amo credere alle favole..

Eccomi qui. Rumori di ignare vite e io mi appresto a posare il mio pacchetto nell’angolo. Tre gerbere, fiori bellissimi, due arancio e uno rosso, nel centro. Sotto a guarnizione petali di rosa rossa, a spirale. Un biglietto che dice X Paola. Rimango qualche secondo a contemplare l’opera, invoco una semplice preghiera… aldilà di come andranno le cose.. io amo credere alle favole.

Il cuore fa tum tum e mi sobbalza in avanti tanto è l’impeto. Che bello! Cazzo mi sento vivo!

Ultima occhiata e giù scale e chiudo la porta dell’ascensore. Subito prenotato. Fosse lei, così non rischio di vederla. Le sue amorevoli volontà: Non vediamoci per un po’.


Sapete quanto è un po’ per uno che voleva stare più vicino alla suddetta? È un bel po’...

Scendo felice le rampe e nell’atrio Ingo mi guarda incuriosito. La missione sarà durata un paio di minuti forse. Un flash back. Queste cose andrebbero fatte con lentezza invece, impregnando di amore ogni gesto. Si vabbè cocchino ma mi si cariano i denti.

Io sono la carie smielata di Roberto.


“Non c’è nessuno..”

“..è salita adesso la madre.”

“Passo tra un po’..” quanto è un po’?

Riprendo la macchina, mi tolgo il cappello accaldato e metto musica.

Missione compiuta.

Detonerà o mi scoppierà nel culo?

Amore… ma cosa me ne importa? A me interessa l’interazione che questa parola comporta, creare amore, dimostrare, e mettere sentimento in ogni cosa. Dio quanto mi piacerebbe essere qualche volta oggetto di questa pratica. Ovviamente nelle modalità delle mie aspettative.

Io sono l’illusione tenera di Roberto.

Passa il giorno e la sera deluso come un terrorista che guarda un telegiornale standard inizio a far circolare domande.

Come mai? Perché? Forse sarà che? Mah?

Mando comunque un sms di rivendicazione:

“Tra cinquanta anni il nostro clima diventerà tropicale e sarà difficile trovare fiori così belli e puri.”


Io sono la follia scema di Roberto.

Reazione zero.

Scoppio nel culo?


È che a me piace credere nelle favole, di inventare modi così stravaganti di comunicare il mio sentire, inventerei una lingua se servisse. Su internet ho visto che si possono comperare stelle, e puoi dare alla stella il nome che vuoi. Volevo prendere un Mizar o un Sirio ma costano troppo e così con 100 euro mi certificano la proprietà di una stella piccola e pure lontana, ma sempre stella e il nome che mi viene in mente è il più bello che trovo Alarya, che poi è il nick di Paola. Io hai nick ci credo, a me piace credere alle favole e il nick è come un battesimo consapevole. Ti nomini come vorresti farti chiamare. Tu non sei il tuo nome, tu non sei i tuoi vestiti e le scarpe che porti. Tu sei Alarya… e va bene a tutti. È pure fico… insomma con 100 euro le regalo una stella che recapiteranno a casa in busta chiusa e con le modalità per vederla. Poi se vuoi andarci a vedere come è.. lì sono cazzi. Ma le stelle lo sanno tutti che sono morte, ma da mò… e che cazzo 100 euro per una stella morta?! Perché ci volevi andare per il week end? Ma è una cosa romantica.. a me piace credere nelle favole.

Io sono l’astronomo effeminato di Roberto.


Passa la notte il giorno e pure il pomeriggio… nessuna deflagrazione emozionale e un po’ di delusione sale, ma niente a paragone di quella di ventiquattro anni fa.

Da piccolo io vedevo i cartoni animati. Soprattutto quelli in voga Gold drake Mazinger, Jeeg e Daitarn III.


Da piccolo mia madre, che è stata la mia educatrice, mi diceva che un giorno anche io avrei avuto la mia occasione per pilotare Gold Drake. Immaginate il mio fomento, immaginate la forza dirompente della fantasia di un bimbo di cinque anni che scopre, sente e crede che un giorno, anche lui potrà osare. Avere la sua opportunità di essere speciale, unico, eroe e di combattere, alabarda spaziale, raggi gamma e lame rotanti. Certo il nome lo avrei cambiato, acktarus è più da eroe, Roberto non ce lo vedo a guidare Gold drake contro le flotte di Vega.

Appunto mi piacciono i nick. Io da piccolo mi ero gia battezzato: Garuman. A sei anni cambiai e diventai Yama. E Yama si allenava a guidare navicelle, a saltare nell’iperspazio e trasformarsi in jeeg. Saltando da muri con i guanti da giardino. Le mie ginocchia sono testimoni che non volevo vivere senza cicatrici.


Ebbi un attaccamento morboso per Daitarn III e il suo pilota Haran Benjo, vestito fico, capelli fichi, conosceva le arti marziali, era spavaldo e aveva due gnocche mostruose Beuty la bionda e Reika la mora, rossa. E aveva una macchina nera che diventava astronave macth partol e un ciondolo al collo per chiamare il Daitarn. Il signor brail avrebbe sbavato… Cioè l’apoteosi per un bimbo di sei anni.


Non sono sicuro sui nomi delle gnocche…

Reika mi avrà tolto una decina di anni. Quanto mi piaceva… a me è sempre piaciuto credere alle favole.

Insomma una mattina mia madre mi dice che inizia la scuola, e io muto e sereno come una vacca indù prendo il mio zainetto il grembiulino e vado a scuola. Non piango come gli altri, non frigno e non faccio niente di niente. Entro. Mai visti tanti bambini come me seduti e piagnucolanti. Una donna che dice di essere la maestra ci insegnerà un sacco di cose, io so già scrivere tutti i miei nomi.


La giornata finisce e mi accorgo che sarà dura. Fare il pilota di qualche robot. Metà della classe vuole fare l’astronauta e guidare robot. Femmine comprese. A casa mamma mi dice che sarò una sorta di eletto, che vuol dire che in pratica c’ ho il posto assicurato. Sospiro di sollievo. Ma fino alla mattina seguente, la mattina del crollo. Sul mio calendario di vita è il croll day.

Mia madre mi sveglia.

“Dai che la scuola ti aspetta…”

“Ancora?!”


Non avevo mica capito e nessuno si era preso la briga di dirmi di questa continuità. Di questo ergastolo di privazione…

Vedi illusione del libero arbitrio…vedi scintille di ribellione.. vedi traumi.

Il secondo giorno piansi, frignai e mi trascinarono dentro come una vacca al macello. Non era finita. Dentro alcuni dei piangenti non piangevano più e la donna che diceva di essere la maestra si vede che per calmare le acque pensò di fare un gioco della montessori.

“Che vuoi fare da grande?”


Non ascoltai nessun mestiere e quando chiese a me, io pensavo che un giorno sarei passato sopra la scuola con gold drake e per sbaglio avrei lasciato cadere un missile delta, come fanno gli americani oggi, e avrei salvato i futuri bambini.

“Io piloterò Gold drake.” Deciso, fermo, inappuntabile zen.


“Ma i robot non esistono e non esiteranno mai.” E giù una filippica sulla finzione dei cartoni animati, che lo dice la parola stessa, sono pezzi di carta, cartoni disegnati benissimo e fatti muovere dalle persone in maniera tale da sembrare animati. Ecco perché acktarus era così diverso dai film che vedeva papà. Accusai… come mai nella vita. Il croll day. La donna che diceva di essere la maestra si incazzò con mia madre, lei si incazzò di più e mi fece cambiare sezione. Per metà dell’anno non partecipai alle attività, vagavo con la mente in un mondo tutto mio e piangevo.

Sono l’infanzia spezzata di Roberto.


Quando dissi a Natale che babbo natale non esisteva, la classe si rattristò. Stavano scrivendo le letterine e io avevo capito, che se non poteva esistere Gold drake che si vedeva pure in tele, figuriamoci un vecchio che appare una volta l’anno di notte e sulla slitta volante. Va bene farsi prendere in giro, ma così… quel giorno non piansi da solo.

Sono la vendetta maligna di Roberto.


Questo per passare il mio vissuto e sottolineare la seguente conclusione…. Fin da piccolo ho creduto, mi hanno indirizzato a credere.. credere che avrei potuto diventare eroe, che il mondo presto sarebbe girato intorno a me, e non il contrario, che la mia vita avrebbe avuto un senso grandioso e le mie esperienze sarebbero state la favola mia. Ma non è così… poi mi sono affidato, sapevo solo credere, ho iniziato a credere ai media, alla vorace macchina del mondo vero. La televisione… mi ha lasciato credere che un giorno sarei diventato ricco, famoso, artista, rockstar, che il mondo poi mi sarebbe girato intorno e si sarebbe lasciato apprezzare e così io mi sono sentito forte, era questione di tempo… musica, macchine, modi di fare di dire di prendere alcuni tipi di caffè, sgargianti occhiali, jeans da grido, mutande con il nome di qualcuno che non conosco, in pratica una rockstar del consumismo, un semplice e stupido pedone. Nessuna ricompensa davvero… e l’ ho scoperto lentamente come un emorragia… e ne ho le palle piene.


Al Dio della chiesa non c’ho mai creduto, nonostante i sforzi materni… la balla era troppo plateale.. la soluzione allora?

Costruire un microcosmo, prendere le abitudini genuine del savoir faire della fantasia. Rifiuto rifiuto… gollum gollum!

Sono la tosse anarchica di Roberto.


E cosa fare quando i sogni che fai sono così sogni? Cosa manca a completare l’appello delle illusioni?

Ci sono quattro domande importanti nella vita.

Cosa è sacro?

Di cosa è fatto lo spirito?

Per cosa vale la pena vivere?

Per cosa vale la pena morire?

La risposta a queste domande è la stessa…

L’amore…


E sono sicuro che è più facile diventare pilota di Daitarn III….

Penso questo mentre la metro si ferma, e chiuso a sette mandate nei miei pensieri mi alzo per scendere. Saluto con un ciao la donna di colore che ho al mio fianco. Mi guarda stupita. Solo un ciao… la vita di oggi non è comunicazione, non ci ha permesso l’evoluzione vera, homo sapiens… la mattina si accende il telefono per vedere se ci sono messaggi, parliamo poco con gli sconosciuti, e rimaniamo nell’impotenza involutiva del nostro micro cosmo eurotronick, sky, ikea, mondo convenienza la nostra forza è il fatto che voi necessitate di venire da noi e sentirvi parte del flusso, comunicare comprando, fare la fila con i carrelli pieni di pacchi da nomi segreti kiaf, chiurut, hatri… i nomi dell’ikea sono simili a quelli dei cartoni, Alcoor, Aktarus, venusia, Procton…


Sono lo sguardo paranoico di Roberto.

Scendo dalla metro, esco… c’è ancora il sole, stranamente mi sento bene… vibra una cosa nelle mie tasche. Appunto….

La detonazione è stata di tipo virale, ha incubato per tre giorni e poi è resuscitata. Molto cristico…


È Paola, tutta voce dolce che mi chiede, domanda si informa, e ve la farei sentire… nemmeno l ho mai sentita così interessata.

Chiede se ho voglia di passare a trovarla.

Vedi pure prurito vaginale, vedi pure ritorno di fiamma, vedi pure casino.

Cosa sento?

Sento che quando pensi di aver perso tutto, raggiungi una sorta di illuminazione malsana, di libertà illusoria.

Ok vengo.


E puff… sono di nuovo di fronte alla porta di casa sua. Che effetto farebbe ad un terrorista ritornare sulle torri gemelle?

Sono il pensiero causativo di Roberto.

Mi apre.. è bellissima… ci abbracciamo a lungo, il cuore non smette di saltare, la stringo e allo specchio il mio occhio è preoccupato, vedo la nostra morsa come un sogno, yama che guida il Daitarn… insomma una cosa così..

Sono il cuore infantile di Roberto.


Mi lascio andare. Ci baciamo, ci stringiamo e tocchiamo, poi sul letto, passa inavvertitamente una canzone cara, sguardo d’intesa, lei mi fissa io la fisso, la prendo di forza e la bacio contro l’armadio. I sapori di nuovo.

Dimentico volutamente i miei appuntamenti, non rispondo al telefono, e finisce con un invito e una passione.


Ceniamo insieme? Fa lei.. take away giapponese… e poi voglio fare l’amore con te… voglio che mi stai sopra…fa lei.. ma sposta la macchina… se vuoi rimani pure a dormire… fa lei… sei stato con altre donne questi giorni.. fa lei… ti voglio così tanto.. fa lei.

Guardo i fiori sul vaso… rispondo, racconto le novità, racconto di quanto lei è nelle cose che faccio, nell’interazione dei miei gesti. E sospiro… mi lascio andare decido di continuare a credere, fregandomene dell’esperienza, del fatto che il ciliegio non farà mai le mele, e dei messaggi del corpo. L’insonnia di quattro notti… basta sogni?


La rovina dell’uomo sarà l’indifferenza, ma chissenefrega….

Usciamo per il giapponese, mano nella mano, spinte, sorrisi, lentamente mi sciolgo, lentamente riprendo a credere e lei è bellissima, interessante, penso che ha tutto quello che un uomo potrebbe desiderare, manca solo…. Prendiamo la sua macchina, dichiara giocando che le farmacie sono aperte. Lo dichiara così tanto che l’ostinazione mi fa piacere e noia. Vuole me… vuole me o vuole il mio corpo? Io non sono il mio corpo, non i miei tatuaggi, non la mia lingua e non le mie porno idee….

Io sono il dubbio dogmatico di Roberto.


Le ho fatto un massaggio prima. Massaggio è riduttivo… ogni essere dotato di due mani complete e determinazione può fare un massaggio ma fare shiatsu, come lo intendo io è arte. Non apparirò mai in nessun canale sky, ma sono artista…

Almeno le ho passato un gesto di amore. Magra consolazione quando sul letto bellissimo, candele, caldo, pacchetto della farmacia, sushi che mi fa pensare alle cose crude e rosa, all’ orgasmo delle papille, ai suoi occhi, la sua forma, la voce e bla bla bla, e l’isola dei famosi. Ultima puntata alla tele.

Io sono la delusione infantile, la rockstar immemore, l’artista ignoto e il cuore sanguinante di Cristo…ops..Roberto.


Finiamo di mangiare, fumiamo, mi annoio, le chiedo se vuole le coccole, un bacio ogni tanto ma la sua attenzione è per l’isola… e chi vincerà, questa è proprio stupida, questo è fico ha quel non so che.. vorrei conoscerlo…fa lei. La osservo.. passo dal sonno di convenienza, a lei e hai fiori… si mi è scoppiata nel culo. Autogol.


Mi si chiude il naso, non respiro bene, ho freddo. Smanio, la guardo..

Perché mi fissi? Sono triste, lo sai che questo è il fratello di un mio amico, lei si è rifatta tutta, io credo che rifarsi a cinquanta anni, non serve a niente, meglio mantenersi… il mio occhio non si sgonfia… perché mi fissi? Fa lei.


Mi volto.. cerco riparo fraterno conforto..

Sono la vittima infantile, il ragazzino illuso di Roberto

Nessun contatto, nessuno sfioramento o parola dolce, esserci o non esserci questo è il problema, la sua attenzione è per l’isola dei famosi… nervi a grumi, sangue al cervello, freddo, chiusura, rabbia, delusione e risata, sospiri, nessun contatto se non parte da me, Huston li abbiamo persi… spok tirami su… nessuna parola, nessun tesoro, nessun ciao, nessun buonanotte stronzo quando il reality finisce, lei semplicemente lascia la tv scorrere, si spoglia si gira su un fianco e dorme.

Nessun contatto se non parte da me.

Sono la pelle offesa di Roberto.


Silenzio… sono avvolto dal silenzio. Mi tiro su, osservo la delusione, guardo per l’ultima volta la stanza, i fiori e lei, bellissima che dorme dandomi la schiena.

Mi alzo, mi vesto e lei appena si accorge.

Che fai? Dove vai? Perché? Fa lei…

Me ne vado a casa… preferisco l’insonnia… siamo persone diverse. Ultime parole.. fine.

Nemmeno prova a trattenermi, non che ci sarebbe riuscita… anzi entra nel suo ruolo duro e gerarca… vieni ti faccio luce… fa lei.

E detto da lei luce è veramente banale.


Mi chiude la porta alle spalle, la famosa porta, il suo ruolo di quella forte che sbatte fuori l’indesiderato.

Blocco la porta con il piede… ultimo regalo.

Fatico a prenderle la mano, i suoi occhi non mi guardano, i miei fissi nonostante la guerra nel petto.

La sua mano sul mio petto che picchia forte, troppo.

Il mio batte e tu ora lo senti… ma il tuo? Non faccio io. Non dico io.

Sono il tocco di classe, muto e smielato di Roberto.

Nessuna reazione.. huston li abbiamo persi, the dark side of the moon.


Mi chiude la porta alle spalle e la serra con le chiavi. Chiavi? Mai stato un problema per me.

In strada tutto è così fresco è notte, le due forse. Metto i sound garden, vado a casa… sms, chiamate non risposte e febbre mi sento febbre, ma non è poi così male…

Trentacinque anni, bella come il sole, abbastanza intelligente, di gusto, aperta…single. Dove sta la fregatura? Ovvio che c’è.. come in me, trent’anni, bello, abbastanza intelligente, sensibile, artista, potenziale pilota di robot, sportivo, sessualmente appetibile.. single.

La mia fregatura è questa… la sensibilità

La sua fregatura è questa la non sensibilità. La mancanza di interazione, l’elevata capacità di non trattenere.


Sono lo psicologo spicciolo di Roberto

La mia è una generazione cresciuta dalle donne… mia madre, mia sorella, la zia e le nonne… nemmeno l’ombra di un uomo di polso.

Davvero è un'altra donna quello che serve alla mia vita?

È come chiudere un rubinetto. Nella goccia che non cade c’è tutto, i luoghi, le facce i momenti di quando l’ho sentita mia, quando abbiamo dormito in macchina, la quercia, la notte in ospedale, l’amore fatto da dio, la cupola fiorentina, io che mi batto per lei, il biglietto al vento, il bivio, la passeggiata nel bosco, cucinare insieme, le immagini dei film, la sensazione di nostalgia, la frenesia, io io io io e tutto il cruento apparato del vivere.

Basta..


La pianta ha i giorni contati… nessuna parola in più, non vedrai mai oltre, basta.

Ora solo indifferenza.

Sono la fredda acida e maligna chiusura di Roberto.

Domani è un giorno speciale, domani iniziano le scuole…. A me piace tanto credere alle favole.


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