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Roberto Frazzetta scrittore

 
  • Immagine del redattoreRoberto Frazzetta

"Il Samurai Cremisi" 2/7

Aggiornamento: 20 apr 2020



Qualcosa era andato in corto, nel buio della mia coscienza sentivo ancora la musica. Ero svenuta? Che cosa era successo? Solo quando la musica terminò, gradualmente ripresi ad avere percezione del mio corpo e padronanza dei miei pensieri.

La vista tornò sfocata. Ero in un aeromobile, c’era il buio contornato dai bagliori della città che non dormiva mai e pioggia acida sfilava sul vetro ovale del parabrezza anteriore.

“Sei stata scollegata a forza. Mi spiace.” Una voce roca mi parlava. Intravedevo solo l’ombra scontornata e pur non avendo mai udito la sua voce sapevo per certo che era la sua.

“Yuki, tra poco riuscirà ad avere pieno controllo delle sue funzioni. Non tema.”

Era difficile parlare e i sensori filamentosi usciti dalle mani ondeggiavano nell’abitacolo alla mercé delle oscillazioni che la vettura prendeva.

Eravamo nel traffico del cielo.

Ancora qualche minuto, attendevo pensando – E Adesso? La mia fantasia non si era mai spinta oltre quest’orizzonte, il mio desiderio era solo quello di essere liberata da quella schiavitù ma cosa sarebbe potuto accadere dopo era una terra inesplorata.

“Grazie.” Riuscii a mormorare.

Il samurai non aveva il suo cappello tradizionale. Girando il collo nell’abitacolo lo vidi illuminarsi di lucenti led. Quei piccoli bagliori simili a leggendarie lucciole riverberavano le sue spade adagiate nell’angolo.

“Ancora non mi ringrazi.”

“Ci inseguono non è vero?”

“Sì.”

Persa nell’esecuzione della musica non avevo potuto vedere le gesta del mio salvatore, tuttavia le attuali condizioni suggerivano ampiamente come fossero andati i fatti.

“Perché mi hai liberato solo stasera?”

Il Samurai si toccò la tempia battendo.

“Il software. Ho finito di metterlo appunto solamente ore fa.”

“Non capisco.”

“Il programma m’impedisce l’irretimento provocato dalla sua musica.”

“Allora è questo che fa alle persone?”

“Molto di più. E suo padre ne è a conoscenza.”

“Cosa ne è di lui? È morto?”

“La sua custodia è stata decapitata di morte vera.”

“Oh no. Ne indosserà già un’altra e starà venendomi a cercare.”

“Lo so. I Matusalemme hanno tante custodie e tanti back up.”

“Erano tutti Mat. Sono sempre e solo Mat gli spettatori delle mie esibizioni.”

L’aeromobile prese le rampe di discesa per i livelli inferiori. Il cielo svanì dalla vista.

“Dove stiamo andando? E tu chi sei?”

“Il mio nome è Anayama, sono l’ultimo discendente del Clan Mizobuti. Sono intenzionato a portarla via con me.”

“Tutto, meglio di stare con mio padre. Mi… mi farai del male.”

“No.”

“Posso vederti in viso? Non ti ho mai visto. Lo vorrei tanto.”

Uscì dalle strade a sospensione e si nascose in una via angusta tra due enormi piloni di acciaio.

“Lascia che io veda il tuo volto, Anayama.”

Il samurai lasciò i sensori di guida e si voltò verso di me.

Riflessi metallici nell’acrilico della lega brillarono nelle sagome del suo viso.

“Ma tu… sei un potenziato. Come me?”

“Ho abbandonato la via della carne e abbracciato la strada dell’unione ai metalli unicamente per conseguire il mio scopo.”

Rimasero in silenzio.

“Ah… mi aspettavo che me lo avresti detto, quale scopo?”

“Portarla al sicuro e preservare la sua arte.”

Due aerovolanti della polizia di Nova Edo sfrecciarono al loro fianco.

“Dobbiamo andare. Rimanderemo le spiegazioni a quando saremo in presenza della nostra Signora.”

“Alla presenza di chi? Aspetta Anayama, perché sono così importante?”

“Le frequenze che riesce a emettere con la sua melodia, sono potenti attivatori del sistema limbico. Un’esposizione prolungata all’ascolto renderebbe le persone sveglie del ricordo Akashiko degli Antichi.”

“Temo di non capire.”

Anayama sorrise e quella smorfia lo fece apparire umano ai suoi occhi, seppur grottesco.

Ripartirono immettendosi nella corsia a sospensione scendendo nei livelli inferiori quando un boato fece perdere aderenza al mezzo che prese a vorticare.

Erano stati colpiti. Il samurai riuscì a riprendere il controllo del mezzo e fuggì a gran velocità.

“Sono già qui.” Disse.

Inserì il pilota automatico e si assicurò le spade e il cappello al resto dell’armatura rigorosamente rossa.

“Ci sfracelleremo così!” considerai gridando.

Invece la vettura fece delle grandi accostate scendendo su terraferma e svoltò prendendo strade interne per poi fermarsi in un vicolo cieco. Enormi palazzi grigi sovrastavano la nostra posizione. La calotta si aprì emettendo un soffocato sbuffo d’aria.

Ero ancora impossibilitata a muovermi liberamente.

“Mi aspetti qui Yuki.” Disse il samurai. “Mi libero dei nostri inseguitori e la porterò da lei. Abbia fede in me.”

Poi uscì con un balzo in strada. I bagliori annunciavano l’imminente arrivo di altre vetture.

“Ma chi è la Signora?” gridai.

Lo vidi fuori prepararsi allo scontro.

L’armatura del Samurai si accese d’incandescente cremisi. La pioggia evaporava al solo contatto.

“Lei è la nostra guida. La nostra speranza. Lunga vita a Quell Christ Falconer! Lunga vita alla Resistenza!”

Estrasse le lame a energia e corse verso i nemici….

(Continua…)



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